Il culto delle immagini mariane

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IL CULTO DELLE IMMAGINI MARIANE

Carissimi fratelli e sorelle, il ritorno nella Cattedrale della venerata immagine della "Madonna delle grazie" ci riempie di gioia. E’ stata restituita al suo originario splendore un’icona a noi cara, ed assicurata contro i rischi che alla sua incolumità provenivano dai vari interventi subiti lungo i secoli. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile quest’opera: il ven.do Capitolo della Cattedrale che dell’immagine è custode ed i sacerdoti della Cattedrale, il Delegato Arcivescovile per i beni culturali e soprattutto il movimento dei "Genitori in cammino" che hanno sostenuto per intero le spese del restauro.

Ma il gesto che stiamo compiendo deve essere per noi anche occasione propizia per meditare sul culto alle immagini mariane, che occupa uno spazio considerevole nella devozione mariana del popolo di Dio. Vorrei aiutarvi in questa meditazione.

1. Forse non tutti sanno che l’ultimo Concilio ecumenico celebrato dalla Chiesa ancora unita, celebrato a Nicea dal 24 settembre al 23 ottobre dell’anno 787, si occupò precisamente del culto delle immagini. Ecco quale è stato il suo insegnamento:

"…seguendo la dottrina divinamente ispirata dei nostri santi padri e la tradizione della Chiesa cattolica – riconosciamo , infatti, che lo Spirito Santo abita in essa – noi definiamo con ogni rigore e cura che, a somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie siano esse l’immagine del Signore Dio e salvatore nostro Gesù Cristo, o quella dell’immacolata Signora nostra, la santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giusti.

Infatti, quanto più frequentemente queste immagini vengono contemplate, tanto più quelli che le contemplano sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli originali e a tributare loro, baciandole, rispetto e venerazione. Non si tratta certo di una vera adorazione [latria], riservata dalla nostra fede solo alla natura divina, ma di un culto simile a quello che si rende alla immagine della croce preziosa e vivificante, ai santi evangeli e agli altri oggetti sacri, onorandoli con l’offerta di incenso e di lumi secondo il pio uso degli antichi. L’onore reso all’immagine, in realtà, appartiene a colui che vi è rappresentato e chi venera l’immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto."

[cfr. DB 600-601]

Come avete sentito, la S. Chiesa guidata dallo Spirito Santo non solo raccomanda il culto delle sante immagini, ma ci dice anche la ragione profonda di questo culto: attraverso la contemplazione delle sante icone cresce in noi il ricordo e il desiderio della realtà in esse raffigurate.

Con questo insegnamento, la Chiesa non faceva in fondo che professare con sempre maggiore fedeltà la sua fede nel mistero di Cristo, il Verbo fattosi carne per noi uomini e per la nostra salvezza. Esiste infatti un legame molto intimo, molto profondo fra la fede nell’incarnazione del Verbo ed il culto delle sante immagini. L’argomento decisivo che mostra la liceità di questo culto è il seguente: "se il Figlio di Dio è entrato nel mondo delle realtà visibili, gettando un ponte mediante la sua umanità tra il visibile e l’invisibile, analogamente si può pensare che possa essere usata una rappresentazione del mistero, nella logica del segno, come evocazione sensibile del mistero. L’icona non è venerata per se stessa, ma rinvia al soggetto che rappresenta" [Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli Artisti, 7,4]. Quando noi veneriamo le sante immagini, noi di fatto professiamo l’economia divina dell’Incarnazione. Il Verbo incarnato libera ciascuno di noi da ogni idolo ed idolatria non negativamente sopprimendo l’immagine, ma positivamente, rivelando nella sua umanità visibile il volto invisibile di Dio: "Filippo, chi vede me, vede il Padre" [Gv 9,14].

Nell’Antica Alleanza e nella religione mussulmana sono proibite le sacre immagini: né può essere diversamente, poiché la Deità da sola abita una luce inaccessibile (cfr. 1Tim 6,16). L’umanità ormai separata da Dio a causa del suo peccato, non significava nient’altro che se stessa. A causa dell’incarnazione del Verbo, l’umanità di Cristo è diventata l’icona della divinità. "L’iconografia di Cristo impegna pertanto tutta la fede nella realtà dell’incarnazione e nel suo significato inesauribile per la Chiesa e per il mondo. Se la Chiesa usa praticarla, lo fa perché è convinta che il Dio rivelato in Gesù Cristo ha realmente riscattato e santificato la carne e tutto il mondo sensibile, cioè l’uomo con i suoi cinque sensi, al fine di permettergli "di rinnovarsi costantemente secondo l’immagine del suo Creatore" (Col 3,10)" [Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Duodecimum saeculum 9,3; EV 10,2382].

Attraverso la santa immagine di Cristo, noi possiamo entrare in una comunione orante con la sua persona: un incontro nella preghiera.

2. Non vi meravigliate, carissimi fedeli, se fino ad ora ho parlato solo di Cristo, del mistero della sua Incarnazione e del culto delle sue immagini. Maria, infatti, va sempre vista dentro al mistero di Cristo. Ciò che noi crediamo di Maria deriva da ciò che noi crediamo di Cristo e ci aiuta a penetrare più profondamente nel Mistero di Cristo. E pertanto del tutto logicamente, i padri del Concilio Niceno II estendono quanto insegnano sul culto alle icone di Cristo, alle icone mariane.

Nelle sante immagini, come nella nostra, Maria non è quasi mai rappresentata sola, ma sempre col Figlio. Se da un certo periodo in poi è stata spesso rappresentata sola, questo fu un abuso contro la Tradizione iconografica della Chiesa. Venerandola sempre in immagini che la rappresentano col Figlio noi facciamo continuamente memoria della sua maternità. "Il solo nome di "Madre di Dio", contiene l’intero mistero dell’economia della salvezza" scrive S. Giovanni damasceno [cfr. PG 94,1028 B]: nel culto alla santa immagine di Maria noi siamo introdotti dentro all’atto di amore eterno che ha spinto il Padre ad inviare il suo Figlio unigenito. Rappresentata col bambino, come potete vedere, essa è l’icona del mistero dell’Incarnazione e della Chiesa: nel loro guardarsi e tenersi stretti percepiamo l’unione perfetta del divino [il bambino-Verbo] e dell’umano [Maria-la madre]. I suoi occhi ci prendono dal di dentro e noi davanti a questa icona sentiamo nel cuore le grida di sofferenza e di invocazione che a Lei sono saliti lungo i secoli.

Sia questa santa icona venerata con ogni sapiente devozione: che da essa gli occhi della Madre di Dio seguano ogni persona umana di questa città, per sempre.

(fonte: http://www.caffarra.it/catmaria5.php )